Mi chiamo Carlo Barbera, sono nato a Nizza di Sicilia (ME) il 16 giugno del 1964. Ho frequentato il liceo classico e nel 1992 ho conseguito la Laurea in Scienze Politiche con indirizzo storico. Sono entrato nel mondo artistico a 13 anni con la chitarra e poi ho proseguito il mio cammino tra radio, tv e teatro, fondando nel 1992 La Bottega degli Attori, con cui ho prodotto decine e decine di spettacoli di vario genere. Sono un attore, regista, autore e cantante, anzi direi cantastorie e cantattore. Difatti negli ultimi anni mi sono dedicato al teatro canzone ed ora al teatro di narrazione. Sono stato protagonista di due film, Il Ritorno, di cui ho curato anche la sceneggiatura e la regia; Ugo e lea, tratto da un mio lavoro teatrale. In questo momento sto girando un nuovo film, Sorpresa, di cui sono sceneggiatore e protagonista, mentre la regia è affidata a Francesco Maricchiolo, del Laboratorio di Cinema. Sto anche curando la stesura del racconto, cioè del testo da cui è tratta la sceneggiatura, e spero di fare uscire entrambi le cose insieme. Il mio sito s'intitola "spettacolo a tutto tondo" perchè la mia vita è soprattutto questo, un continuo lavorare a qualcosa che abbia a che fare con lo spettacolo.

La parola cantastorie sta subendo da un po' di tempo un incremento notevole, perchè sempre più interesse nasce intorno a questa figura artistica, il problema riguarda sempre di stabilire quanti sono i cantastorie e quanti quelli che in realtà fanno altro.

Tanto per ribadirlo, è cantastorie chi racconta storie cantandole, poi ognuno ha il suo stile, ma una cosa è certa: cantastorie e folk singer sono due cose ben diverse, così come lo sono cantastorie e contastorie, in quanto il secondo è un attore.

Quando nel 2010 andammo, io e Natalia Silvestro, a fare il festival "Incanti e banchi" a Castelfiorentino, Alessandro Gigli, direttore artistico, il pomeriggio prima di esibirci ci disse: "Vediamo cosa succederà stasera, abbiamo portato qui l'ultimo cantastorie siciliano dieci anni addietro e poi abbiamo deciso di smettere, perchè fanno tagliare le vene".
Io risposi che se avesse visto il nostro spettacolo avrebbe cambiato idea, perchè sapevamo far tagliare le vene ma sapevamo far ridere e divertire il pubblico, cantando storie simpatiche, ma che dopo avrebbero fatto riflettere.
La sera Alessandro venne a complimentarsi con noi, perchè non soltanto aveva visto un pezzo di spettacolo, ma gli erano arrivate critiche molto positive.

Del resto per uno come me, che viene dal teatro, mettere in scena il teatro canzone, fare il cantastorie, significa soprattutto mettere in evidenza la parte teatrale di quest'arte.
Facendo spettacoli di piazza ho capito quanto fosse importante fare in modo che almeno per una settantina di minuti il pubblico rimanesse al suo posto. E qual'è il sistema?
Creare forti emozioni, sia nel dramma che nell'ironia, con la seconda è anche meglio.
Le storielle che racconto e canto sul palco, nella maggior parte dei casi, vogliono essere un momento di divertimento, perchè quasi sempre è questo che la piazza vuole. Poi quand'è il caso sappiamo anche essere seri e tragici. Ma per lo più divertiamo e ci divertiamo, così quasi il teatro canzone diventa un cabaret, con un'aggiunta, che a metterlo in scena c'è il cantastorie, colui che porta avanti la tradizione, l'arte in cui i siciliani sono stati e sono imbattibili, perchè mettono insieme il canto e il cunto, in una mescolanza, che diventa ritmicamente (dal punto di vista scenico) perfetta.
Dunque è necessario usare un linguaggio semplice, chiaro, a volte anche piccante, quando il caso lo richieda, perchè anche una piccola pillola del genere serve allo scopo. 
Sono testi che devono arrivare immediatamente, perchè se la gente ci deve riflettere sopra ad ogni verso, non riesce a capire tutta la ballata.

Quest'anno con lo spettacolo "Lupo di mare" abbiamo dato un saggio di come due personaggi in scena raccontano, senza quasi dialogare, e parlano di dissesto idro-geologico con dramma e ironia. Questo è ciò che faccio da sempre, pertanto il mio cabaret da cantastorie, con la "pretesa" di essere un momento di alta cultura (lo è, perchè si mischiano: arte, storia, ricerca e tante altre cose) vuole tenere sveglio il pubblico e condurlo verso la riflessione.
E quando ripropongo i classici, vedi Iliade e Odissea, anche lì con un po' d'ironia e di comicità invitiamo la gente ad andare a rileggerli, perchè mostrando Elena con i reggicalze o Calipso col cuore infranto non facciamo altro che creare uno specchio per le allodole al fine di ricondurre la gente verso l'unico valore che è ancora rimasto, ma che rischia di morire: la cultura.
Dopo tutto tutti hanno celebrato la brutta lettura della Divina Commedia, fatta da Benigni, perchè comunque serve a riportare la gente verso l'opera dantesca.
Ecco, il mio cabaret da cantastorie serve ad affrontare argomenti seri, ma cercando di fare in modo che la gente dopo dieci minuti non dica: "Basta, mi sono stancato di sentire questa lagna". Poi, magari, tra una risata e l'altra, tanto per non perdere l'abitudine alla serietà, ci metti dentro qualcosa di più pesante, che a quel punto ci può stare.
Per fortuna siamo in tanti a pensarla così.