Il teatro di narrazione come libertà

Se ne parla spesso della crisi del teatro, ma nessuno ha la correttezza di dire che purtroppo il teatro è entrato in un baratro molto simile ad altri linguaggi, come la lirica o l'pera del pupi, che si cercano di tenere in vita, ma ci riescono solo quando vengono rinnovati. Pensate alla tragedia greca, difficilmente si rappresenta con i canoni del vecchio teatro classico, perchè sarebbe come imitare l'inimitabile. Purtroppo con l'avvento del cinema e della televisione, ma soprattutto con l'arrivo del virtuale, di internet e di tutte le forme espressive dell'ultimo periodo la forza comunicativa del teatro perde i pezzi, perchè la gente tende a chiedere sempre maggiore rapidità e brevità, che spesso il teatro non riesce a garantire. E allora è giunto il momento di guardarsi allo specchio e dirsela tutta questa verità: o ci rinnoviamo o ci lasciamo la pelle, non c'è altro.  Devo dire che sono anni che cerco un linguaggio nuovo e tutte le volte che ho sperimentato forme alternative ho sempre potuto vedere che c'è una parte di pubblico che segue con interesse, quella veramente appassionata, un'altra parte, che poi non chiamerei pubblico, ma semplici passanti, tanto in piazza quanto in teatro, che possibilmente non riesce nemmeno a comprendere quanto costi trovare strade nuove per garantire divertimento al tuo prossimo. Una cosa è certa: dove non c'è sperimentazione non c'è futuro. Il vecchio teatro lento, comico o no, che segue ancora i vecchi canoni, è destinato alla morte o ad una vita folcloristica, necessariamente sovvenzionata dall'ente pubblico, che mette sul palcoscenico fantasmi inespressivi, perchè non dicono nulla di nuovo. Io penso che oggi lo spettatore abbia bisogno di sentirsi non più semplice ascoltatore ma vero e proprio personaggio dell'opera che va a vedere. Per questo ritengo che il teatro di narrazione sia un linguaggio sempre più importante e vivo, che non soltanto libera il pubblico ma anche l'artista. Il primo perchè si trova in una condizione di libertà mentale, nel senso che può volare con la fantasia e può farlo insieme a chi si trova sul palco. La cosiddetta quarta parete viene a crollare e l'attore si trova in un rapporto di dialogo col pubblico, come se si annullasse il palcoscenico.          Lo spettatore non sta più li seduto a guardare, ma interagisce con l'artista e quindi assume un ruolo importante all'interno della rappresentazione. Il narrattore è un dispensatore di libertà e fantasia; si disfa delle barriere della scenografie, delle unità aristoteliche, del dialogo, e diventa un mago vero proprio, che può portare sulla scena qualunque tipo di storia, dalla più cruda realtà alla più sognante fantasia. Dunque il teatro di narrazione è libertà mentale e fisica, ciò di cui oggi l'individuo ha bisogno: un sogno, un sogno che possa insegnargli la vita, senza farlo stare lì come uno spettatore televisivo.